GAUDIUM MAGNUM


Draghi vuole lasciare Palazzo Chigi perché l’Italia è vicina alla catastrofe

15 Luglio 2022
di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

Che cosa sta per arrivare? La tempesta perfetta.

1. Crisi energetica causa sanzioni Russia e anni di politiche “per il climate change”.

2. Inflazione e rialzo dei tassi con conseguente crollo dei mercati finanziari già in corso.

3. Crisi finanziaria per il debito arrivato al 170% del Pil causa lockdown.

4. Depressione economica probabile, causa 1 e 2.

5. Scandali per i morti e disabili post vaccinazione che sono in costante aumento.

6. Sconfitta della Nato in Ucraina nonostante la valanga di aiuti, addestramento e armamenti a Volodymyr Zelensky.

È possibile quindi ipotizzare che Mario Draghi si voglia defilare in tempo. Questo è uno dei motivi della crisi. L’obiettivo di Draghi era il Quirinale, non avendolo raggiunto, non vede l’ora di abbandonare una esperienza di governo fallimentare.

ME NE VADO, ANZI RESTO. Come rinunciare per ottenere tutto.


Le dimissioni di Draghi. Washington e Bruxelles hanno già votato per farlo restare
(Giulia Burgazzi)

Non se ne va mica tanto facilmente. Il Presidente della Repubblica ha respinto giovedì le dimissioni di Draghi e l’ha rispedito davanti al Parlamento, dove pure lo stesso Draghi aveva appena ottenuto il voto di fiducia: ma non con la maggioranza plebiscitaria che egli vorrebbe.

Tuttavia, se Draghi ha bisogno di altri voti per mettere lo scranno al riparo dallo scarso gradimento degli italiani (nei sondaggi ha avuto un crollo del 12% ed è al ora 48%), dovrebbe ben sapere che Washington e Bruxelles hanno già votato per lui.

Per questo, fra gli scenari possibili, c’è anche quello in cui il capo del governo è per qualche tempo un altro, magari Giuliano Amato, ma la crisi economica ed il tumultuoso, ulteriore deterioramento del tenore di vita legati all’ormai certa mancanza di gas fanno sì che venga richiamato in sella colui che alcuni chiamano il Migliore. In questo caso, visto quel che è accaduto finora, Draghi non potrebbe che peggiorare ulteriormente le cose: ma almeno lo farebbe con unità nazionale, senza tumulti e senza opposizione.

Draghi si è dimesso perché ieri, giovedì, il M5S è uscito dall’aula del Senato al momento di votare la fiducia sul cosiddetto decreto Aiuti. Draghi ha comunque ampiamente ottenuto la fiducia stessa. Alla Camera, dove le procedure sono diverse, il M5S la settimana scorsa ha votato la fiducia ma è uscito dall’aula per il decreto Aiuti.

Un capo del Governo che si dimetta subito dopo aver ottenuto il voto di fiducia del Parlamento, non lo si era ancora visto. Eppure è accaduto ieri. Draghi non vuole avere un’opposizione che non sia (come ora) numericamente residuale.

Dunque mercoledì 20 Draghi si presenterà al Parlamento per fare la conta di chi lo vuole e di chi non lo vuole. Per l’occasione, il M5S potrebbe anche rimangiarsi i maldipancia che l’hanno indotto ad effettuare il modesto distinguo sul decreto Aiuti: del resto, il M5S non ha mai dato apertamente voto contrario. E’ teoricamente possibile, ma improbabile, che Draghi accetti di continuare a governare senza il M5S. L’altra ipotesi è l’apertura della crisi di governo.

Però una cosa è chiara: ai piani altissimi – non si ratta dei piani alti nazionali – vogliono che Draghi resti. Repubblica ha raccolto  altolocate dichiarazioni provenienti da Washington secondo le quali per gli USA la guida di Draghi è determinante, nientepopodimeno. Parallelamente a Bruxelles la Commissione Europea ha seguito “con preoccupato sconcerto” le vicende italiane e il commissario UE italiano, Paolo Gentiloni, ha auspicato apertamente che “la leadership di Draghi continui”.

E dunque, anche se tutto può succedere, non è detto che Draghi se ne vada. E se anche se ne andrà, è verosimile che torni a galla.

 

 

 

 

IL TORO, IL MATTA D’OR E IL SANCULOTTO


Crisi di governo, per Draghi dimissioni irrevocabili: mercoledì il giorno della verità.

15 luglio 2022 (Andrea Bonini)

Il premier al momento sembra fermo alle parole con cui ha anticipato le dimissioni. Escludendo addirittura che alle sue comunicazioni faccia seguito un voto.

Cinque giorni di tempo per convincere Draghi a desistere dalle dimissioni. La chiave di volta sta qui.  Far decantare la situazione e provare a superare la determinazione del premier a lasciare. Le parole pronunciate davanti ai suoi ministri, le ha ripetute anche a Mattarella. Per lui quanto accaduto in Parlamento non è un fatto su cui si possa sorvolare. E poi quel fendente sulla fiducia che è venuta meno, come dire impossibile – anche volendo – proseguire questo rapporto. Per Draghi è una questione di coerenza e responsabilità. Il governo di unità nazionale non è come tutti gli altri, non si può fare e disfare e neppure negoziare. La scommessa dei partiti è quella di dimostrare che nonostante tutto c’è una maggioranza a suo sostegno pronta a ricompattarsi, a una maggioranza, che in questo gioco assurdo della politica, sulla carta non è mai mancata, motivo per cui dal Colle si è ribadita la necessità di una valutazione parlamentare.  Draghi al momento sembra fermo alle parole con cui ha anticipato le dimissioni. Escludendo addirittura che alle sue comunicazioni faccia seguito un voto. Parlerà, spiegherà di nuovo le sue ragioni, poi ancora al Colle per confermare il passo indietro. Ma 5 giorni sono un tempo lunghissimo. Senza considerare le pressioni che potranno arrivare anche da fuori. La scommessa di far cambiare idea a Draghi, passa anche da qui.