IL BUE CHIAMA CORNUTO L’ASINO


LA REPUBBLICA
1 novembre 2022
Giovanna Vitale

Soldi del finanziere George Soros a + Europa di Emma Bonino, per non rompere con il Pd in vista delle elezioni del 25 settembre. L’accusa, che il cartello radicale smentisce seccamente, è del segretario di Azione, Carlo Calenda. Il leader del Terzo polo, intervistato da Bruno Vespa nel libro La grande tempesta in uscita venerdì, sostiene che Soros abbia sovvenzionato con un milione e mezzo la lista di +Europa. Ponendo come condizione che si facesse un listone antifascista. “Dico a Letta che non può firmare due patti contraddittori (con Azione e con Verdi/Sinistra italiana), salta l’agenda Draghi, diventa un Letta contro Meloni – è la versione di Calenda – Vedo che Della Vedova è totalmente schierato con il Pd. D’altra parte ne conosco le ragioni, non ultima quella che il finanziere George Soros ha sovvenzionato con 1 milione e mezzo di euro +Europa ponendo come condizione imprescindibile che si facesse un listone antifascista. Me lo disse ripetutamente Della Vedova prima della rottura”.
Il conduttore di Porta a Porta ha chiesto conto di queste affermazioni a Benedetto Della Vedova. “+Europa non ha ricevuto contributi da Soros, che altrimenti sarebbero già pubblicati – la replica – Comunque, il rendiconto elettorale della lista e dei candidati sarà ovviamente presentato nei tempi e nei modi prescritti”. Il parlamentare e segretario della lista ha aggiunto che “alcuni candidati di +Europa hanno ricevuto un contributo diretto da parte di George Soros per le spese della campagna elettorale. Il filantropo di origini ungheresi da tempo condivide e sostiene i nostri valori europeisti e le nostre battaglie per i diritti umani e lo Stato di diritto. Siamo orgogliosi che alcuni nostri candidati abbiano chiesto e ricevuto il suo sostegno, certamente disinteressato. Naturalmente i contributi verranno presto resi pubblici nei termini di legge insieme ai rendiconti elettorali”.

MATTARELLA’S OBSESSION

Covid, ossessione Mattarella: al Colle obbligo di mascherina

di Claudio Romiti
20 Ottobre 2022
nicolaporro.it

La notizia è passata sottotraccia per la grande stampa italiana, ancora consorziata nel giornale unico del virus, ma a quanto pare l’Italia è sempre più una Repubblica fondata sulle mascherine. Tant’è che il Quirinale, nel giorno fatidico delle consultazioni per la formazione del nuovo governo, ha imposto di indossare le asfissianti Ffp2, malgrado tale obbligo sia stato da tempo rimosso. Si legge, infatti, nella nota del Colle destinata alle redazioni che “sarà consentito l’accesso in sala stampa solo indossando la mascherina sanitaria, Ffp2”.
Ovviamente nessuno, tranne noi e qualche altro coraggioso organo dell’informazione libera, avrà nulla da eccepire, circa il piccolo dettaglio di un sostanziale obbligo sanitario imposto dal garante della Costituzione senza una legge e in chiaro contrasto con l’articolo 32 della stessa Costituzione. Articolo che, mi permetto di ricordare, oltre a disporre tale obbligo solo attraverso una legge ordinaria, stabilisce che comunque non si debbano mai “violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Ebbene, imponendo di indossare questa sorta di feticcio sanitario, la cui efficacia per contrastare la diffusione di un virus a bassa letalità non è stata comprovata in modo incontrovertibile da nessuno studio scientifico, oltre a valicare detti limiti, si superano ampiamente anche quelli del buon senso e della ragionevolezza.
D’altro canto, se dopo quasi tre anni di impazzimento sanitario, in cui appare impietoso il confronto tra noi e altri Paesi che non hanno mai imposto ai loro cittadini di girare mascherati, stiamo ancora fermi all’ossessione di proteggerci con questi presunti dispositivi di protezione individuale, corriamo il serio rischio di tenerceli a vita.
Non solo, mi sembra piuttosto grave che il presidente Mattarella, con questa surreale prescrizione, lanci un pessimo segnale al Paese attraverso il simbolo più tangibile di un regime sanitario ancora sostanzialmente in piedi.
In questo modo, sebbene per l’appunto il citato obbligo sia decaduto quasi ovunque, si tende ad imporre sulle delicate consultazioni in atto il sigillo di uno stato di emergenza, alias stato di eccezione, che ha permesso ai due precedenti governi di adottare le misure più restrittive senza alcuna obiezione da parte dei massimi organi di garanzia dello Stato, tra cui proprio quello incarnato dal presidente della Repubblica.
Ora, come sosteneva uno dei politici più odiati d’Italia, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina, i maligni potrebbero sostenere che con codesto, umiliante eccesso di precauzione si voglia lanciare un subliminale avvertimento alla premier in pectore, Giorgia Meloni, la quale in campagna elettorale ha promesso, qualora fosse entrata nella stanza dei bottoni, di istituire una commissione d’inchiesta sul modo in cui è stata gestita la pandemia in Italia.
Comunque stiano le cose, sta di fatto che da domani chiunque, soggetto pubblico o privato che sia, potrebbe imporre al prossimo di indossare le diaboliche mascherine, prendendo ad esempio l’arbitraria prescrizione decisa dal Capo dello Stato.
Prescrizione che, dato che siamo nel Paese di Pulcinella, ha già creato alcune situazioni comiche. Innanzitutto il Capo dello Stato – Orwelliano – non la indossa, essendo notoriamente più uguale degli altri. Questi sono i tempi e questi sono gli uomini. Secondo, c’è da segnalare la situazione vissuta in diretta televisiva da Nadia Zicoschi, inviata di Rai1. Commentando in diretta l’inizio delle consultazioni dalla sala stampa del Quirinale, dove Corazzieri, funzionari, giornalisti e fotografi indossavano la mascherina d’ordinanza, la giornalista si è rivolta al pubblico in ascolto con il viso scoperto, suscitando una certa invidia nel resto della truppa dei suoi colleghi, costretti per ore a circolare come mummie.
D’altro canto, come è noto, per il servizio pubblico televisivo il loro virus è differente.

CON LE BUONE O CON LE CATTIVE


Il probabile nuovo Ministro che vuole Fratelli d’Italia: “vaccinatevi con le buone o lo faremo con le cattive!”

Eventi Avversi
19 ottobre 2022

Eletto il 25 settembre in Veneto con Fratelli d’Italia, l’ex magistrato Carlo Nordio, che i vertici di Fratelli d’Italia vorrebbero Ministro della Giustizia, è intervenuto pochi mesi fa, lo scorso 8 gennaio 2022, sul tema vaccini, con un editoriale su Il Messaggero dal titolo “Chiarezza necessaria – L’obbligo di vaccino spiegato ai No vax “.
Scrive Nordio: “Durante lo sbarco in Normandia, ai ragazzi inchiodati sulla spiaggia di Omaha dalle mitragliatrici tedesche il generale Norman Cota urlò: «Qui ci sono solo due categorie di soldati: quelli che sono morti e quelli che moriranno. Quindi alziamo il sedere e andiamo avanti!». Nei momenti cruciali, la comunicazione dev’essere chiara, motivata e convincente.
Per questo, una volta dimostrata la contagiosità di Omicron, il nostro governo avrebbe dovuto imitare il roccioso comandante americano e ammonire così i dieci milioni di italiani non ancora vaccinati: «Tra voi la distinzione è semplice: quelli che sono contagiati e quelli che si contageranno. Quindi vaccinatevi con le buone, o lo faremo con le cattive». Mancato il “Warning” è mancato il “Let’s go!” E i risultati si son visti: tre giorni fa cinquantamila positivi; l’altroieri centomila, ieri il doppio. E domani forse un milione. Con questa prospettiva, il Governo ha introdotto l’obbligo, sia pur limitato agli ultracinquantenni. Un provvedimento estremo e coraggioso, che tuttavia non è stato accompagnato da una comunicazione rapida e adeguata. Forse avrebbe convinto solo chi era già convinto. Ma almeno avrebbe eliminato alcuni dubbi ed evitato pretestuose obiezioni.
Quella principale è che l’obbligo viola i princìpi di libertà garantiti dalla Costituzione. Al che si risponde che proprio l’art. 32 della Carta prevede il trattamento sanitario obbligatorio, purché, chiarisce la Giurisprudenza, sia ragionevole, proporzionato e temporaneo. Ma la risposta non è del tutto soddisfacente: o meglio, lo è nella forma, ma non nella sostanza. Anche perché la recente legge sul testamento biologico ha ribadito il diritto a rifiutare le cure sia nel presente che nel futuro, se intervenisse l’incapacità dell’avente diritto. Insomma la cornice normativa è assai complessa, e dev’essere integrata con il quadro della situazione concreta. E questo quadro dev’essere guardato alla luce dello stesso art. 32, che definisce la salute non solo come fondamentale diritto dell’individuo ma anche come «interesse della collettività».
Interpretata alla lettera, questa norma sarebbe nulla più che una suggestione enfatica, e una vuota aspirazione metafisica: come dire che ognuno ha diritto all’amore o alla felicità. Se vogliamo invece intenderla per quello che vale (potius ut valeat quam pereat, direbbero i giuristi) essa significa due cose: in primo luogo il diritto alla cura; e poi il dovere dello Stato di fare il possibile per rimuovere gli elementi che danneggiano la salute. Lo Stato non può garantire che i nostri polmoni restino trasparenti e l’intestino integro, ma deve attivarsi per evitare, o ridurre al minimo l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e dei cibi. Naturalmente la gente si ammalerà lo stesso, e nessuno ha la pretesa di restare, su questa terra, immortale. Ma almeno lo Stato avrà fatto il possibile.
Tuttavia anche questa interpretazione si presta a un’obiezione: che molte malattie non dipendono dal caso, ma dalla nostra condotta sregolata. Gli ospedali sono pieni di enfisematosi che hanno troppo fumato, di cirrotici che hanno troppo bevuto, di diabetici che hanno troppo mangiato. Non solo. I reparti ortopedici sono occupati principalmente da vittime di incidenti cagionati dalla propria imprudenza, automobilisti disattenti, sciatori spericolati ecc. Perché allora – dicono gli irriducibili – dovremmo sottoporci al vaccino per evitare di intasare le corsie , quando queste sono occupate in gran parte da persone che se la sono, per così dire, cercata? E’ un’obiezione alla quale non si può rispondere in termini etici o sociologici, perché le repliche sarebbero infinite. Si può rispondere soltanto in termini statistici di utilità generale.
E’ verissimo che il sistema sanitario è gravato di spese che dipendono in gran parte dalla nostra condotta irregolare e persino insensata. Se tutti si astenessero dal fumo, dall’alcol, dai grassi, dagli zuccheri e da altri tipi di intemperanze, vivendo all’aria aperta in una prudente solitudine anacoretica camperemmo di più e ci ammaleremmo di meno. Gli unici a lamentarsi sarebbero i produttori di medicinali e soprattutto l’Inps, costretto a pagare pensioni a miriadi di ultranovantenni. Ma è altrettanto vero che, proprio perché non viviamo nella quiete bucolica di un paradiso perduto, e forse noioso, il sistema sanitario nazionale è progettato, o come si dice, tarato, in funzione del numero previsto di queste morbilità. In altre parole ogni Paese sapeva e sa , con buona approssimazione, quante persone si sarebbero ammalate nel presente e si ammaleranno nel prossimo futuro. Ed è sulla scorta di questi calcoli che ha eretto le sue strutture, e fino ad ora le ha fatte funzionare.
Ma il Covid ha rovesciato il tavolo, con una serie di varianti che gettano ombre sinistre sulla sostenibilità del sistema. Se con Omicron si contagiassero quei dieci milioni di individui non vaccinati, e se finisse in ospedale anche l’un per cento di loro, i centomila nuovi degenti renderebbero impossibili le cure al resto degli italiani, compresi quelli ammalatisi non per colpa propria ma per semplici cause naturali. Ed è qui che interviene l’art. 32 della Costituzione: definendo la salute «interesse della collettività» essa non si limita a salvaguardare l’integrità del singolo, ma impone di evitare un incremento di ricoveri che comprometterebbe il diritto alla cura dell’intera popolazione. L’obbligo del vaccino non ha , e non deve avere, nessun connotato etico e nemmeno solidaristico. É semplicemente lo strumento costituzionale per garantire l’interesse della collettività.
Concludo da dove avevo iniziato. A Omaha beach il generale Cota non ha letto pomposi proclami evocando Dio, Patria e Famiglia, concetti sacrosanti, ma in quel momento inidonei. Ha detto solo le cose come stavano, e in modo tale da farsi capire. Se i suoi ragazzi non lo avessero ascoltato l’invasione sarebbe fallita, e la guerra avrebbe avuto un corso disastroso. Per fortuna lo hanno seguito spontaneamente e la battaglia è stata vinta. Forse da noi è troppo pretendere che i No vax vengano convinti con le buone. Ma proprio per questo è necessario che il governo spieghi bene perché ha dovuto usare le cattive”.

LIVORE SINISTRO

QUANTO LIVORE
LIBERO QUOTIDIANO
15 Ottobre 2022

Neanche il tempo di leggere il suo primo discorso da presidente della Camera che immediatamente Lorenzo Fontana viene subito attaccato e infangato. Il tutto per bocca di Alessandro Cecchi Paone a L’Aria che Tira sotto gli occhi di Myrta Merlino. Già da ieri sera con gli attacchi di Formigli e Floris a Piazza Pulita era partito su La7 il filo di fuoco sul vice-segretario della Lega.
E ora tocca a Cecchi Paone che sbotta in diretta e vomita odio sul nuovo presidente della Camera: “È uno dei peggiori nemici dell’approccio liberale al fatto che ognuno di noi può vivere la sua idea di famiglia, di amore e di sesso come vuole tutto l’Occidente. Lui si è sempre mosso su una linea cattolica-regressiva. È un intollerante”. La colpa di Fontana? Essere un cattolico e credere nei valori della famiglia.
Valori a quanto pare imperdonabili per chi strizza l’occhio a sinistra. Insomma il massacro contro il centrodestra prosegue. La campagna elettorale però è finita, ma a quanto pare a sinistra proseguono sul sentiero dell’odio gratuito sugli esponenti della maggioranza che a breve esprimerà il governo Meloni. I presidenti intoccabili sono solo quelli di sinistra: custodi dei veri valori concimati a odio verso l’avversario politico di turno.