Castigat ridendo mores
I MISSILI IN POLONIA ERANO UCRAINI. FIGURACCIA DI ZELENSKY E CALENDA
16 Novembre 2022
Michele Crudelini
Byoblu
Durante un conflitto ci sono alcuni episodi che possono rappresentare la cosiddetta linea rossa: quella che se oltrepassata può generare un allargamento della guerra. Così sembrava essere almeno inizialmente ciò che si è verificato nelle scorse ore in territorio polacco, dove alcuni missili sono caduti causando l’uccisione di due persone.
La reazione di Zelensky
L’evento si è verificato a Przewodow, villaggio situato al confine nord orientale tra Polonia e Ucraina a pochi chilometri di distanza dalla città d Leopoli. Come la consuetudine ci ha abituato dall’inizio del conflitto, il Presidente ucraino Zelensky, senza alcun tipo verifica, ha gridato subito “al lupo, al lupo”. “I missili caduti sulla Polonia, Paese Nato, sono russi e questo è un ‘attacco alla sicurezza collettiva’”. Ha tuonato così Zelensky, chiedendo implicitamente l’attivazione dell’articolo 5 dell’Alleanza Atlantica.
Secondo questo paragrafo del trattato istitutivo della NATO: “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che ciascuna di esse assisterà la parte intraprendendo immediatamente l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata”.
Non c’è bisogno di dire che l’Ucraina, che non fa parte della NATO, non ha nessun tipo di facoltà di invocare questo articolo.
La prudenza della Polonia e di Joe Biden
Ben diversa è stata infatti la reazione della Polonia, Paese direttamente coinvolto nella vicenda. Varsavia ha infatti convocato d’urgenza il Consiglio dei ministri per la sicurezza nazionale e la difesa per intraprendere un’indagine sull’origine dei missili, appellandosi poi all’articolo 4 dell’Alleanza Atlantica. “Le parti si consulteranno ogni volta che, nell’opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata”. Una semplice consultazione quindi per ricostruire le dinamiche che hanno portato all’esplosione.
E infatti, dopo le prima analisi approfondite, l’origine dei missili sembra non essere russa. A confermarlo è stato lo stesso Presidente americano Joe Biden che, a differenza di altre circostanze, ha assunto una posizione saggiamente prudente. “Non voglio dirlo finché non indaghiamo completamente. Tuttavia, dalle linee della traiettoria del missile, è improbabile che sia stato sparato dalla Russia, ma vedremo”.
I missili erano ucraini!
Un sensazione che si è rafforzata nel corso delle ore fino ad arrivare ad una ricostruzione opposta a quella fatta da Zelensky: il missile non sarebbe russo bensì ucraino. Anche in questo caso le fonti sono insospettabili perché si tratta dell’Associated Press, agenzia di stampa americana quindi difficilmente tacciabile di russofilia. L’agenzia, citando fonti di intelligence americana, sostiene che le indagini hanno stabilito la provenienza ucraina dei missili.
In pratica la contraerea di Kiev avrebbe tentato di colpire missili russi indirizzati verso la capitale e il mancato obiettivo avrebbe quindi portato allo schianto sul territorio polacco. Tutto risolto e tutto rientrato quindi, nessuna guerra mondiale in vista, per ora.
Oltre a Zelensky a fare una pessima figura in questa vicenda è sicuramente la sinistra italiana, che sembrava non veder l’ora di indossare l’elmetto e attivare il prima possibile l’art.5 della NATO. “Siamo con la Polonia, con l’Ucraina e con la NATO. La Russia deve trovare davanti a se un fronte compatto. I dittatori non si fermano con le carezze e gli appelli alla pace”, ha twittato Carlo Calenda, travestito per l’occasione da generale d’armata. Sulla stessa linea anche Enrico Letta: “A fianco dei nostri amici polacchi in questo momento drammatico, carico di tensione e di paure. Quel che succede alla Polonia succede a noi”. Il PD sembra aver così completato la sua metamorfosi, da partito dell’arcobaleno e dei girotondi, a partito amante della bella morte al fronte.
I LIBERATORI CI INVIANO DONI
In un periodo segnato dalle minacce della Russia sul possibile uso del nucleare in Ucraina, gli Stati Uniti accelerano i piani per aggiornare il dispiegamento di nuove bombe nucleari nelle basi Nato in Europa. Lo riporta Politico citando alcune fonti, secondo le quali l’arrivo nel Vecchio Continente delle bombe a gravità B61-12, in programma originariamente la prossima primavera, è ora previsto in dicembre. E il presidente Usa Joe Biden, incontrando i responsabili della Difesa americana, ribadisce: – “Continueremo a sostenere l’Ucraina, insieme ai nostri alleati e partner nel mondo, mentre si difende dalla brutale aggressione della Russia. Dobbiamo mantenere la Nato forte e unita”.
Del progetto di condivisione nucleare fa parte anche l’Italia. Oltre agli l’F-16 americani schierati ad Aviano, l’unico velivolo in forza all’Aeronautica Militare Italiana in grado di trasportare le B61 è il Tornado IDS del Sesto Stormo di Ghedi. Le basi italiane di Ghedi ed Aviano (le stime non sono ufficiali) dovrebbero ospitare complessivamente dalle 30 alle 50 bombe nucleari B61.
Volodymyr Zelensky ha lanciato un monito ai russi nel suo video-intervento serale. “Finche’ non risolvete tutti il problema con colui che ha iniziato tutto, che ha iniziato questa guerra insensata per la Russia contro l’Ucraina, sarete uccisi uno per uno, facendo da capri espiatori, per non ammettere che questa guerra è un errore storico per la Russia”, ha detto, dopo gli ultimi successi della controffensiva ucraina nel Donbass.
di Eliseo Bertolasi
Donetsk (21 settembre 2022)
Nella città di Donetsk la situazione è surreale. A causa dei frequenti bombardamenti tutto il movimento cittadino è visibilmente ridotto al minimo indispensabile.
La gente evita di uscire all’aperto, chi esce lo fa solo per ragioni contingenti. Le vie, quindi, sono poco trafficate, quasi deserte, allo stesso modo, poche sono le persone che si vedono nei negozi e negli esercizi commerciali. Le auto circolano a velocità sostenuta, pare che sia la condizione migliore in caso inizino a piovere bombe.
La sera all’imbrunire, in un baleno, tutto sprofonda in un cupo silenzio rotto solo dal riecheggiare di boati vicini o lontani.
Ecco questa è Donetsk oggi! Impossibile non percepire la tensione, la pressione di grande pericolo che grava giorno e notte sulla città. In qualsiasi momento e in qualsiasi luogo possono arrivare le bombe, neanche il tempo di sentire il sibilo per riparasi. La vita è solo legata alla sorte: qualche metro più avanti o più indietro, qualche minuto in anticipo o in ritardo, si vive o si muore.
Sono mesi che gli abitanti di Donetsk: donne, bambini, anziani, tutti.. vivono in queste condizioni. Veramente terribile, quasi indescrivibile..
Nelle ultime settimane, addirittura, si osserva un intensificarsi dei bombardamenti sulla città. Con gli obici e coi proiettili da 155mm, che la NATO fornisce costantemente a Kiev, diventa sempre più facile per le formazioni militari ucraine tenere sotto tiro l’intera area metropolitana di Donetsk.
Bisognerebbe invitare sul posto, anche un solo giorno, quei politici occidentali, con la loro corte di giornalisti, che si battono con veemenza per fornire queste armi a Kiev, almeno si renderebbero conto direttamente come si vive sotto la minaccia delle armi che loro stessi sponsorizzano. Per chi, invece, qui ci abita e ci vive da sempre, non esiste nessun’altra alternativa se non andare avanti e sperare in tempi migliori. I tempi migliori arriveranno, nessuno ne dubita e si prevede presto! Otto anni di guerra hanno temprato questa gente a vivere sotto il peso di qualsiasi sacrificio.
Il 19 settembre, sotto le bombe ucraine, non distante dal centro di Donetsk, in piazza Bakinskix Komissarov, 13 persone hanno perso la vita. Solo un vile attentato terroristico. C’era un chiosco-rosticceria, ora tutto è distrutto: le lamiere del tetto divelte, tutt’intorno i segni delle schegge, sull’asfalto sono ancora visibili le macchie di sangue delle vittime. Sul luogo della strage qualche anima pia ha alzato il vessillo con l’icona del Sacro Volto di Cristo, si vedono persone che portano fiori, che accendono una candela o semplicemente si fermano per una preghiera. L’umanità vince sulle barbarie.
Il regime di Kiev ha dimostrato ancora una volta il suo volto disumano, bombardando zone ad alta presenza di civili, punti che non rappresentano alcun obiettivo militare. Non c’è nessuna conquista, nessuna strategia militare, ma solo la volontà di generare terrore seminando morte indiscriminatamente tra la popolazione civile.
Quei paesi dell’“Occidente” che riforniscono di armi Kiev dovrebbero almeno riconoscere la loro responsabilità davanti allo spargimento di tanto sangue innocente.
Eliseo Bertolasi, PhD in antropologia culturale, russista, corrispondente per media russi e reporter dal Donbass
Dario Prestigiacomo
6 settembre 2020
Le sanzioni contro la Russia in risposta all’invasione russa dell’Ucraina hanno provocato gravi problemi di approvvigionamento energetico per l’Europa, che ora “raccoglie quello che ha seminato”. A parlare non è Viktor Orban, né Matteo Salvini, ma il leader del secondo esercito della Nato, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. “Noi non abbiamo problemi con il gas naturale – ha detto nel corso di una conferenza stampa ad Ankara – L’Europa raccoglie quello che semina. Credo che l’Europa passerà questo inverno con seri problemi”. Il problema, secondo Erdogan, è “l’atteggiamento dell’Europa” nei confronti di Vladimir Putin, che, insieme alla sanzioni comminate dall’Ue a Mosca, hanno portato il presidente russo a “opporsi” al blocco e ad adottare contromisure. “Putin sta usando tutti i mezzi e le armi a sua disposizione, primo fra tutti il gas naturale”, ha aggiunto. Da un lato, Erdogan sposa la posizione cara a Orban e ad altri esponenti politici europei, tra cui il leader della Lega Salvini, che criticano la gestione delle sanzioni da parte dell’Ue. Dall’altro, il presidente turco conferma la tesi di Bruxelles, ma negata finora da Mosca, secondo cui la crisi del gas è frutto di precise scelte del Cremlino, e non di problemi tecnici (si pensi al Nord Stream). Ma al di là dei tentativi di mantenere una certa equidistanza tra i due contendenti, è chiaro che le dichiarazioni di Erdogan sono un messaggio ben preciso diretto all’Ue.
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