SI RACCOGLIE CIÒ CHE SI È SEMINATO


Putin e Erdogan

Dario Prestigiacomo

6 settembre 2020

Le sanzioni contro la Russia in risposta all’invasione russa dell’Ucraina hanno provocato gravi problemi di approvvigionamento energetico per l’Europa, che ora “raccoglie quello che ha seminato”. A parlare non è Viktor Orban, nĂŠ Matteo Salvini, ma il leader del secondo esercito della Nato, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. “Noi non abbiamo problemi con il gas naturale – ha detto nel corso di una conferenza stampa ad Ankara – L’Europa raccoglie quello che semina. Credo che l’Europa passerĂ  questo inverno con seri problemi”. Il problema, secondo Erdogan, è “l’atteggiamento dell’Europa” nei confronti di Vladimir Putin, che, insieme alla sanzioni comminate dall’Ue a Mosca, hanno portato il presidente russo a “opporsi” al blocco e ad adottare contromisure. “Putin sta usando tutti i mezzi e le armi a sua disposizione, primo fra tutti il ​​gas naturale”, ha aggiunto. Da un lato, Erdogan sposa la posizione cara a Orban e ad altri esponenti politici europei, tra cui il leader della Lega Salvini, che criticano la gestione delle sanzioni da parte dell’Ue. Dall’altro, il presidente turco conferma la tesi di Bruxelles, ma negata finora da Mosca, secondo cui la crisi del gas è frutto di precise scelte del Cremlino, e non di problemi tecnici (si pensi al Nord Stream). Ma al di lĂ  dei tentativi di mantenere una certa equidistanza tra i due contendenti, è chiaro che le dichiarazioni di Erdogan sono un messaggio ben preciso diretto all’Ue.

SONO PRONTA!

Con Liz Truss si rischia una guerra nucleare? Cosa ha detto sulla Russia

Alessandro Cipolla
6 settembre 2022

Liz Truss in merito alla Russia ad agosto ha affermato che il Regno Unito, se necessario, sarebbe pronto a usare armi atomiche: rischiamo una guerra nucleare ora che è diventata primo ministro?

Da quando la Russia lo scorso 24 febbraio ha iniziato la sua “operazione speciale” in Ucraina, il mondo intero e soprattutto l’Europa vive con la costante paura di una guerra nucleare, senza contare i timori per delle fuoriuscite dalle centrali spesso teatri degli scontri tra i due eserciti (vedi Zaporizhzhia).
Come dal Regno Unito è arrivata la notizia della vittoria di Liz Truss alle elezioni per la leadership dei Conservatori, successo che automaticamente la porterà a Downing Street succedendo cosÏ a Boris Johnson, in molti probabilmente avranno ripensato alle parole pronunciate dal nuovo primo ministro a fine agosto.
Nel pieno della campagna per la guida dei Torys, Liz Truss ospite a Birmingham di un evento organizzato dai conservatori locali ha evocato chiaramente scenari da guerra nucleare parlando della Russia.
“Londra è pronta, se necessario, a utilizzare le armi nucleari – ha dichiarato in quell’occasione Truss che prima dell’approdo a Downing Street è stata il ministro degli Esteri del Regno Unito – Ritengo che sia un dovere importante del primo ministro e sono pronta a farlo”.

Liz Truss e il rischio di una guerra nucleare con la Russia

Liz Truss durante la volata per la guida dei Conservatori è stata spesso indicata dai media come uno dei “falchi” all’interno dei Torys. Da quando nel 2021 è stata nominata ministro degli Esteri, la sua posizione è stata sempre di netta chiusura nei confronti di Russia e Cina.
A Birmingham le parole del nuovo primo ministro sono state accolte da un fragoroso applauso da parte della sala, anche se il moderatore dell’evento John Pienaar ha parlato di “voltastomaco davanti all’annientamento totale” derivante da una guerra nucleare.
Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina il Regno Unito è stato uno dei maggiori sostenitori di Kiev, tanto che Volodymr Zelensky nel salutare la nomina di Liz Truss ha voluto anche ringraziare il suo predecessore Boris Johnson definito un “grande amico”.
“Non vedo l’ora che inizi la cooperazione con il nuovo premier della Gran Bretagna Liz Truss – ha dichiarato Volodymyr Zelensky – Noi in Ucraina la conosciamo bene: è sempre stata dal lato giusto della politica europea”.
Visto lo stallo in Ucraina, con le bombe che continuano a parlare a differenza della diplomazia, dopo oltre sei mesi dall’inizio della guerra il sentore è che questo conflitto sarà lungo e logorante anche per il tessuto economico europeo.
Lo scenario di una guerra nucleare di certo è il più estremo anche se diversi analisti, in caso di una Russia messa alle corde da una avanzata dell’esercito di Kiev ben armato dall’Occidente, non hanno escluso che Putin possa ricorrere alle tante armi atomiche tattiche che sono nei magazzini russi già pronte all’uso.
Fin dai tempi della Guerra Fredda il timore nucleare è stato il deterrente per uno scontro militare diretto tra la varie grandi potenze: in un periodo di grande crisi di materie prime però anche le più granitiche certezze possono vacillare, con l’esito finale del conflitto in Ucraina che al momento appare essere un’autentica sciarada.

LA GUERRA È PACE


In Ucraina è la Nato che cerca la guerra!

24 gennaio 2022
Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Marco Consolo, responsabile esteri del Partito della Rifondazione Comunista

L’allargamento della NATO fino ai confini della Russia è alla base dell’escalation guerrafondaia in Ucraina.
Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno sponsorizzato le forze etno-nazionaliste che hanno riabilitato come eroi nazionali i collaborazionisti col nazismo e portato avanti politiche discriminatorie verso la popolazione di lingua russa.
Non bisogna essere dei sostenitori di Putin per comprendere che la Russia non può accettare di ritrovarsi missili e basi NATO ai suoi confini, né può voltare le spalle alle popolazioni del Donbass a cui l’Ucraina nega persino l’autonomia prevista negli accordi di Minsk, che erano stati condivisi dal consiglio di sicurezza dell’ONU. L’Ucraina si rifiuta di riconoscere l’autonomia permanente del Donbass perché la regione potrebbe sfruttare la sua posizione costituzionale all’interno dell’Ucraina per bloccare l’adesione all’UE e alla NATO.
È evidente che la neutralità dell’Ucraina ed il riconoscimento dei diritti delle popolazioni delle regioni di lingua russa in uno Stato plurinazionale sono l’unica via di uscita dalla crisi. Durante la guerra fredda la neutralità di Finlandia, Svezia e Austria ha costituito un’esperienza sicuramente positiva sotto ogni punto di vista, mentre Unione Europea, NATO e Stati Uniti continuano a fomentare da anni una guerra a bassa intensità dell’Ucraina contro le repubbliche autonome del Donbass.
E’ l’Ucraina, con la copertura occidentale, a violare costantemente gli accordi di Minsk.
Andrebbe ricordato il ruolo svolto dalla UE, compresi dei europarlamentari PD, nel sostegno a Euromaidan, presentata come una rivoluzione democratica.
Non si può accusare la Russia quando difende le repubbliche autonome del Donbass, visto che la NATO ha fatto una guerra per consentire al Kossovo di dichiararsi indipendente dalla Serbia.
Dallo scioglimento dell’URSS, gli USA e la NATO hanno violato gli impegni assunti con Gorbaciov, assorbendo i Paesi dell’Europa orientale. E non è un caso che l’ex-presidente si sia schierato dalla parte di Putin, come la stessa opposizione comunista.
È interesse del nostro Paese la risoluzione pacifica della crisi e la ripresa della cooperazione con la Russia. Nessun partito nel parlamento italiano ha il coraggio di dire apertamente che la prepotenza degli Stati Uniti e della NATO anche nel caso ucraino rappresenta una minaccia per la pace.

CARTA BIANCA


Di Maio lascia i 5 Stelle, “se cambi partito…” Quando il ministro attaccava i voltagabbana: parte l’umiliazione social

Giada Oricchio
IL TEMPO

Statista o voltagabbana? Luigi Di Maio finisce sbeffeggiato dai social. Se i politici italiani notoriamente non hanno memoria di cosa dicono pur di farsi eleggere, la Rete conserva tutto e non butta via niente.
Nel giorno della risoluzione al Senato sulle armi all’Ucraina, il ministro degli Esteri ha formato il movimento “Insieme per il futuro” (tanto chi ha avuto, ha avuto, ha avuto… chi ha dato, ha dato, ha dato… scurdĂĄmmoce ‘o ppassato, Simme ‘e Napule, paisĂ !) operando la scissione con il Movimento 5 Stelle. Ha sfilato al furioso presidente Giuseppe Conte 62 parlamentari (51 alla Camera e 11 al Senato), in gergo sportivo è un “cappotto”. Roba da fight club.
C’entra la mannaia dei due mandati, ma è un’altra storia. L’ex bibitaro (secondo gli avversari) Di Maio – folgorato dalla personalitĂ  di Mario Draghi – si è innamorato della politica e ha spiegato la mossa operata, ça va sans dire, con sofferenza: “Dovevamo scegliere da che parte stare della storia. I dirigenti del Movimento hanno rischiato di indebolire l’Italia, di mettere in difficoltĂ  il governo per ragioni legate alla propria crisi di consenso, per recuperare qualche punto percentuale, senza neppure riuscirci. La guerra non è uno show mediatico, è da irresponsabili picconare il governo. No alle ambiguità”.
Responsabilità e coerenza, le parole più amate dai politici. Sulla carta. Già perché il web ha rigurgitato le dichiarazioni del primo Di Maio, quello di lotta e non di governo. Sulla pagina Facebook del ministro si legge ancora un post dell’11 gennaio 2017: “Se vieni eletto con il M5S e scopri di non essere più d’accordo, hai diritto di cambiare forza politica. Ma ti dimetti, torni a casa e ti fai rieleggere combattendo le tue battaglie. Chi cambia casacca tenendosi la poltrona, dimostra di tenere a cuore solo il proprio status, lo stipendio e la carica”.
Cita pure l’art. 160 della Costituzione del Portogallo sulla perdita del mandato per chi si iscrive a un partito diverso da quello delle elezioni. Scripta volant, verba manent. A Giggino non glielo hanno detto. Andiamo avanti. Il 7 gennaio 2017 twitta: “Vieni eletto e poi cambi casacca? In M5S paghi 150.000 euro. Su questa regola il Pd ha fatto ricorso in tribunale e perso”.
Poi ci sono i video contro la troika, contro la moneta unica con la raccolta firme ai banchetti (“ci sarò pure io”, grazie per l’onore) per andare fuori dall’euro, quelli in cui invocava l’impeachment per il presidente Sergio Mattarella e quelli sui voltagabbana del Parlamento. Una nemesi. “In Italia oltre i furbetti del quartierino, ci sono i voltagabbana. Dal 2013 al 2017 ci sono stati 388 cambi di partito – diceva in una clip M5S -. Le peggiori porcate sono state approvate grazie ai voltagabbana. Per loro conta la poltrona, il megastipendio e il desiderio di potere. Un vero e proprio mercato delle vacche, va fermato” concludeva con sorriso di superiorità morale. Si deducono alcune cose: i parlamentari che lo hanno seguito sono rare arabe fenici e non semplici vacche, alla Farnesina si siede per terra, lavora gratuitamente per il bene della Repubblica ed è un umile servo delle istituzioni anziché un ministro con portafoglio. Da mandare a “futura memoria” per il gruppo “Insieme per il futuro”.
Secondo elettori 5Stelle delusi, Di Maio, invece di aprire il Parlamento come una scatola di tonno, ha fatto il pesce in barile per infilarsi in una scatola di caviale beluga.