LIVORE SINISTRO

QUANTO LIVORE
LIBERO QUOTIDIANO
15 Ottobre 2022

Neanche il tempo di leggere il suo primo discorso da presidente della Camera che immediatamente Lorenzo Fontana viene subito attaccato e infangato. Il tutto per bocca di Alessandro Cecchi Paone a L’Aria che Tira sotto gli occhi di Myrta Merlino. Già da ieri sera con gli attacchi di Formigli e Floris a Piazza Pulita era partito su La7 il filo di fuoco sul vice-segretario della Lega.
E ora tocca a Cecchi Paone che sbotta in diretta e vomita odio sul nuovo presidente della Camera: “È uno dei peggiori nemici dell’approccio liberale al fatto che ognuno di noi può vivere la sua idea di famiglia, di amore e di sesso come vuole tutto l’Occidente. Lui si è sempre mosso su una linea cattolica-regressiva. È un intollerante”. La colpa di Fontana? Essere un cattolico e credere nei valori della famiglia.
Valori a quanto pare imperdonabili per chi strizza l’occhio a sinistra. Insomma il massacro contro il centrodestra prosegue. La campagna elettorale però è finita, ma a quanto pare a sinistra proseguono sul sentiero dell’odio gratuito sugli esponenti della maggioranza che a breve esprimerà il governo Meloni. I presidenti intoccabili sono solo quelli di sinistra: custodi dei veri valori concimati a odio verso l’avversario politico di turno.

IL DITINO


Ora finitela col vostro ditino

Marcello Veneziani

Il Tempo, 23 marzo 2018

(Articolo un po’ datato, ma sempre attuale)

Vorrei fare un discorsetto serio a quella razza superiore che giudica dall’alto il mondo, il prossimo e chi non la pensa come loro. Dico alla sinistra e alle loro insopportabili autocertificazioni di superiorità. Lo dico dopo la catastrofe elettorale del 4 marzo, la caduta di Renzi e del renzismo, l’esodo delle Boldrini, dei Grasso, dei governanti dalle istituzioni. Ma lo dico partendo alla larga e da lontano, da altri ambiti non politici. Per esempio, io non ce l’ho con le attrici, gli attori, i registi e i cineasti di sinistra che s’indignano contro il sessismo e le violenze alle donne e poi non solo tolleravano ma trescavano coi produttori maiali e il loro disgustoso mercato del sesso; molti di loro sapevano, facevano e tacevano. Io non ce l’ho poi contro i cantanti di sinistra che portavano i soldi guadagnati in nero in Svizzera o in qualche paradiso fiscale, dopo aver predicato per la giustizia e i più deboli.
E ancora. Io non ce l’ho con gli intellettuali di sinistra che hanno goduto di privilegi, cattedre e carrozzoni coi soldi pubblici da cui mungere soldi, viaggi e premi, o che pretendono di essere pagati in nero, salvo tuonare contro i privilegi e i ricchi. Io non ce l’ho con gli intellettuali e gli scrittori di sinistra sorpresi a plagiare testi altrui. Non ce l’avevo nemmeno con gli intellettuali di sinistra che furono fascisti, ebbero cattedre, giurarono fedeltà al regime e alle leggi razziali, ma esercitarono poi un intransigente magistero antifascista e toglievano la parola e la dignità a chi non si professava antifascista. Io non ce l’ho con tutti loro, a volte amo le loro canzoni, leggo i loro testi, mi confronto con le loro idee, vedo i loro film e in ogni caso so distinguere il loro lato umano miserabile dalle loro qualità, che riconosco quando non sono palloni gonfiati. No, non ce l’ho con loro.
Ce l’ho col loro ditino. Quel ditino ammonitore che ruota nell’aria quando pretendono d’insegnare agli altri la morale e la coerenza che non praticano o peggio quando disprezzano, ignorano, escludono chi sta a destra, i populisti o i cattolici, i moderati, comunque non nella loro brigata. È quel ditino che decreta solo per appartenenza i lodati e i dannati, le opere e gli autori da recensire e da premiare, e quelli da ignorare e vituperare. Ma ora che sappiamo quanto prendevano, come prendevano, dove portavano, da dove copiavano, come si facevano strada, a prezzo di cosa, quel ditino non lo sopporto più. Non voglio vedervi in galera, alla gogna, censurati, ma col ditino abbassato. Non li mettiamo all’indice, ma all’indice voi non mettete più nessuno.
Fatta quest’ampia premessa sul brutto vizio della sinistra “culturale” scendiamo sul terreno della sinistra politica o di quel che ne resta. Anche qui non ce l’ho con la sinistra di governo che ci ha lasciato in eredità un paese a pezzi, ingovernabile, coi grillini primo partito e il rancore come sentimento pubblico prevalente. Salvo inveire contro i populisti, fingendo di non sapere che tutto quanto essi denunciano come abnorme, patologico, eversivo – dal neofascismo presunto al nazismo immaginario, dai berlusconiani ai leghisti fino ai grillini – è nato in reazione e per rigetto al loro modo di essere, di fare e di governare, alla loro presunzione e alla loro cecità, all’aver ceduto la dignità di un paese, all’aver barattato la morale tradizionale col moralismo ideologico bigotto, all’aver tradito le istanze popolari e sociali senza mai diventare classe dirigente, ma restando sempre – come diceva Gramsci – classe dominante. E lo dico riferendomi ad ogni sinistra: infatti l’unica cosa che accomuna Renzi ai suoi nemici di sinistra e alla vecchia casta radical-progressista o ex-pci, compreso l’episcopato a mezzo stampa e tv, è la spocchia, l’arroganza, il complesso di superiorità. Quella che Giacomo Noventa già nei primi anni 50 definiva “boria”. O “l’albagia” come ama dire di sé e del suo teo-narcisismo il marcescibile Eugenio Scalfari.
Vi sorprenderà, ma io credo che il segreto del fallimento di Renzi non sia stato quello di essersi discostato dalla sinistra ma, al contrario, di esserne stato figlio e prototipo. Renzi ha perduto per la sua arroganza, per la presunzione di usare gli altri come corrimano o materiale di scarto; per il culto di sé, l’autoincoronazione di Migliore e di Predestinato che può permettersi tutto. Anche di piazzare mezze calzette al potere. In una parola, si è reso indisponente per quel vizio antico della sinistra di ritenersi superiori e rivelarsi antipatici – per dirla con Luca Ricolfi. Renzi e il suo cerchio magico si sono resi insopportabili, così come fu per i D’Alema e gli altri sinistrati, fino ai radical chic di lotta e di salotto.
Non mettiamo all’indice nessuno, non alziamo il ditino contro nessuno. Ma ora che siete ridotti a quattro ossa elettorali, cenere politica e fumo intellettuale, smettetela di dare lezioni agli altri, come ancora fa il Frankenstein creato da Renzi, quel Martina che spiega al mondo come si pensa seguendo una visione… Erano insopportabili le lezioni col ghigno dei trionfatori, ma sono insopportabili e grottesche le lezioni con la boria dei nobili decaduti, la vanteria dell’élite sconfitta dalla vile plebe populista, che lascia le ultime istruzioni alla servitù e ai parvenu. Non fate più i maestrini, please.
Siate francescani, e non nel senso di rifugiarvi sotto la tonaca di Papa Francesco. Recuperate del poverello l’umiltà e l’ascolto. E come Francesco, parlate agli uccelli, perché la gente non vi vuole più sentire.