PERSEVERARE AUTEM DIABOLICUM


I vaccini sono stati la nostra maggiore difesa. Hanno salvato migliaia e migliaia di vite, ridotto le sofferenze e consentito le riaperture. Sono stati realizzati e prodotti in un tempo così breve e in quantità così grandi come mai era accaduto nella storia. Anche questo è in larga misura merito della ricerca”…
È un dovere morale distribuire rapidamente i vaccini nei luoghi dove sono ancora insufficienti. Farlo è anche interesse concreto di tutti, per debellare completamente il virus, evitando che in un mondo sempre più strettamente connesso, si riproponga con pericolose varianti”…
La scienza è chiamata ancora ad intervenire… bisogna condurre la battaglia “contro l’antiscienza”, perché ci sono “nuclei che propagano l’antiscienza: è una sfida nei luoghi della modernità, occorre affrontarla e vincerla. ne va della prosecuzione di un percorso virtuoso”

19 novembre 2022
Sergio Mattarella

MATTARELLA’S OBSESSION

Covid, ossessione Mattarella: al Colle obbligo di mascherina

di Claudio Romiti
20 Ottobre 2022
nicolaporro.it

La notizia è passata sottotraccia per la grande stampa italiana, ancora consorziata nel giornale unico del virus, ma a quanto pare l’Italia è sempre più una Repubblica fondata sulle mascherine. Tant’è che il Quirinale, nel giorno fatidico delle consultazioni per la formazione del nuovo governo, ha imposto di indossare le asfissianti Ffp2, malgrado tale obbligo sia stato da tempo rimosso. Si legge, infatti, nella nota del Colle destinata alle redazioni che “sarà consentito l’accesso in sala stampa solo indossando la mascherina sanitaria, Ffp2”.
Ovviamente nessuno, tranne noi e qualche altro coraggioso organo dell’informazione libera, avrà nulla da eccepire, circa il piccolo dettaglio di un sostanziale obbligo sanitario imposto dal garante della Costituzione senza una legge e in chiaro contrasto con l’articolo 32 della stessa Costituzione. Articolo che, mi permetto di ricordare, oltre a disporre tale obbligo solo attraverso una legge ordinaria, stabilisce che comunque non si debbano mai “violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Ebbene, imponendo di indossare questa sorta di feticcio sanitario, la cui efficacia per contrastare la diffusione di un virus a bassa letalità non è stata comprovata in modo incontrovertibile da nessuno studio scientifico, oltre a valicare detti limiti, si superano ampiamente anche quelli del buon senso e della ragionevolezza.
D’altro canto, se dopo quasi tre anni di impazzimento sanitario, in cui appare impietoso il confronto tra noi e altri Paesi che non hanno mai imposto ai loro cittadini di girare mascherati, stiamo ancora fermi all’ossessione di proteggerci con questi presunti dispositivi di protezione individuale, corriamo il serio rischio di tenerceli a vita.
Non solo, mi sembra piuttosto grave che il presidente Mattarella, con questa surreale prescrizione, lanci un pessimo segnale al Paese attraverso il simbolo più tangibile di un regime sanitario ancora sostanzialmente in piedi.
In questo modo, sebbene per l’appunto il citato obbligo sia decaduto quasi ovunque, si tende ad imporre sulle delicate consultazioni in atto il sigillo di uno stato di emergenza, alias stato di eccezione, che ha permesso ai due precedenti governi di adottare le misure più restrittive senza alcuna obiezione da parte dei massimi organi di garanzia dello Stato, tra cui proprio quello incarnato dal presidente della Repubblica.
Ora, come sosteneva uno dei politici più odiati d’Italia, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina, i maligni potrebbero sostenere che con codesto, umiliante eccesso di precauzione si voglia lanciare un subliminale avvertimento alla premier in pectore, Giorgia Meloni, la quale in campagna elettorale ha promesso, qualora fosse entrata nella stanza dei bottoni, di istituire una commissione d’inchiesta sul modo in cui è stata gestita la pandemia in Italia.
Comunque stiano le cose, sta di fatto che da domani chiunque, soggetto pubblico o privato che sia, potrebbe imporre al prossimo di indossare le diaboliche mascherine, prendendo ad esempio l’arbitraria prescrizione decisa dal Capo dello Stato.
Prescrizione che, dato che siamo nel Paese di Pulcinella, ha già creato alcune situazioni comiche. Innanzitutto il Capo dello Stato – Orwelliano – non la indossa, essendo notoriamente più uguale degli altri. Questi sono i tempi e questi sono gli uomini. Secondo, c’è da segnalare la situazione vissuta in diretta televisiva da Nadia Zicoschi, inviata di Rai1. Commentando in diretta l’inizio delle consultazioni dalla sala stampa del Quirinale, dove Corazzieri, funzionari, giornalisti e fotografi indossavano la mascherina d’ordinanza, la giornalista si è rivolta al pubblico in ascolto con il viso scoperto, suscitando una certa invidia nel resto della truppa dei suoi colleghi, costretti per ore a circolare come mummie.
D’altro canto, come è noto, per il servizio pubblico televisivo il loro virus è differente.

ME NE VADO, ANZI RESTO. Come rinunciare per ottenere tutto.


Le dimissioni di Draghi. Washington e Bruxelles hanno già votato per farlo restare
(Giulia Burgazzi)

Non se ne va mica tanto facilmente. Il Presidente della Repubblica ha respinto giovedì le dimissioni di Draghi e l’ha rispedito davanti al Parlamento, dove pure lo stesso Draghi aveva appena ottenuto il voto di fiducia: ma non con la maggioranza plebiscitaria che egli vorrebbe.

Tuttavia, se Draghi ha bisogno di altri voti per mettere lo scranno al riparo dallo scarso gradimento degli italiani (nei sondaggi ha avuto un crollo del 12% ed è al ora 48%), dovrebbe ben sapere che Washington e Bruxelles hanno già votato per lui.

Per questo, fra gli scenari possibili, c’è anche quello in cui il capo del governo è per qualche tempo un altro, magari Giuliano Amato, ma la crisi economica ed il tumultuoso, ulteriore deterioramento del tenore di vita legati all’ormai certa mancanza di gas fanno sì che venga richiamato in sella colui che alcuni chiamano il Migliore. In questo caso, visto quel che è accaduto finora, Draghi non potrebbe che peggiorare ulteriormente le cose: ma almeno lo farebbe con unità nazionale, senza tumulti e senza opposizione.

Draghi si è dimesso perché ieri, giovedì, il M5S è uscito dall’aula del Senato al momento di votare la fiducia sul cosiddetto decreto Aiuti. Draghi ha comunque ampiamente ottenuto la fiducia stessa. Alla Camera, dove le procedure sono diverse, il M5S la settimana scorsa ha votato la fiducia ma è uscito dall’aula per il decreto Aiuti.

Un capo del Governo che si dimetta subito dopo aver ottenuto il voto di fiducia del Parlamento, non lo si era ancora visto. Eppure è accaduto ieri. Draghi non vuole avere un’opposizione che non sia (come ora) numericamente residuale.

Dunque mercoledì 20 Draghi si presenterà al Parlamento per fare la conta di chi lo vuole e di chi non lo vuole. Per l’occasione, il M5S potrebbe anche rimangiarsi i maldipancia che l’hanno indotto ad effettuare il modesto distinguo sul decreto Aiuti: del resto, il M5S non ha mai dato apertamente voto contrario. E’ teoricamente possibile, ma improbabile, che Draghi accetti di continuare a governare senza il M5S. L’altra ipotesi è l’apertura della crisi di governo.

Però una cosa è chiara: ai piani altissimi – non si ratta dei piani alti nazionali – vogliono che Draghi resti. Repubblica ha raccolto  altolocate dichiarazioni provenienti da Washington secondo le quali per gli USA la guida di Draghi è determinante, nientepopodimeno. Parallelamente a Bruxelles la Commissione Europea ha seguito “con preoccupato sconcerto” le vicende italiane e il commissario UE italiano, Paolo Gentiloni, ha auspicato apertamente che “la leadership di Draghi continui”.

E dunque, anche se tutto può succedere, non è detto che Draghi se ne vada. E se anche se ne andrà, è verosimile che torni a galla.

 

 

 

 

IL TORO, IL MATTA D’OR E IL SANCULOTTO


Crisi di governo, per Draghi dimissioni irrevocabili: mercoledì il giorno della verità.

15 luglio 2022 (Andrea Bonini)

Il premier al momento sembra fermo alle parole con cui ha anticipato le dimissioni. Escludendo addirittura che alle sue comunicazioni faccia seguito un voto.

Cinque giorni di tempo per convincere Draghi a desistere dalle dimissioni. La chiave di volta sta qui.  Far decantare la situazione e provare a superare la determinazione del premier a lasciare. Le parole pronunciate davanti ai suoi ministri, le ha ripetute anche a Mattarella. Per lui quanto accaduto in Parlamento non è un fatto su cui si possa sorvolare. E poi quel fendente sulla fiducia che è venuta meno, come dire impossibile – anche volendo – proseguire questo rapporto. Per Draghi è una questione di coerenza e responsabilità. Il governo di unità nazionale non è come tutti gli altri, non si può fare e disfare e neppure negoziare. La scommessa dei partiti è quella di dimostrare che nonostante tutto c’è una maggioranza a suo sostegno pronta a ricompattarsi, a una maggioranza, che in questo gioco assurdo della politica, sulla carta non è mai mancata, motivo per cui dal Colle si è ribadita la necessità di una valutazione parlamentare.  Draghi al momento sembra fermo alle parole con cui ha anticipato le dimissioni. Escludendo addirittura che alle sue comunicazioni faccia seguito un voto. Parlerà, spiegherà di nuovo le sue ragioni, poi ancora al Colle per confermare il passo indietro. Ma 5 giorni sono un tempo lunghissimo. Senza considerare le pressioni che potranno arrivare anche da fuori. La scommessa di far cambiare idea a Draghi, passa anche da qui.